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"Il perito trascrittore
e la perizia di
trascrizione delle intercettazioni"

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Cenni introduttivi
E’ mio fine illustrare, analizzandolo nei suoi aspetti, il
lavoro del perito trascrittore dal momento in cui viene
incaricato di effettuare perizia di trascrizione su
intercettazioni fino al momento della consegna dell’elaborato.
Verrà spiegata la tecnica della trascrizione affrontando le
varie problematiche che la caratterizzano con particolare
riferimento ai quesiti di attribuzione vocale e
spazio/temporale.
Da premettere che con il termine “perito” si identifica la
figura del consulente nominato dal giudice in udienza, figura
completamente diversa per la modalità e la finalità del lavoro
da quella del “consulente di parte”.
La legislazione italiana prevede come tecnica di assunzione
prove per l’individuazione di alcuni gravi reati1, la
registrazione di conversazioni telefoniche o così dette
“ambientali”, cioè effettuate nei luoghi ove si possono
trovare i soggetti indagati: casa, ufficio, macchina ecc.
Anche se ormai si sente comunemente parlare di
intercettazioni, di persone intercettate, non si deve pensare
che la cosa sia fattibile in maniera disinvolta. Prima di
tutto, ad una intercettazione può accedere soltanto l’Autorità
giudiziaria con decreti approvati dal giudice: è necessario
che emergano dei gravi indizi a carico dell’indagato e c’è un
iter da seguire.
E’ risaputo che la mole delle intercettazioni è vasta e la
spesa che grava allo Stato è onerosa; ne consegue che questo
tipo di indagine viene effettuata solo nei casi in cui è
indispensabile per lo svolgimento delle indagini. A incidere
su questa scelta e non ultimo, è proprio il costo a cui si va
incontro quando il meccanismo si mette in movimento.
Chi indaga fa presente al pubblico ministero competente la
necessità di intercettare; il P.M. valuta e fa richiesta al
giudice che deve approvare; previa approvazione del giudice,
vengono inserite delle “cimici” che permettono di registrare
le conversazioni degli indagati.
Ci sono ditte private, specializzate in comunicazioni, che
offrono apparecchi di registrazione di vario tipo. Per lo più
ultimamente si fa ricorso ad apparecchiature digitali, su cui
non mi soffermerò in questa sede in quanto non strettamente
attinenti al lavoro del perito trascrittore che inizia
propriamente in una fase successiva. Queste nuove
apparecchiature hanno sostituito i vecchi registratori con
bobine magnetiche, gli RT2000, quelli che si vedono ancora in
qualche film con le grosse bobine che girano.
Le “cimici” con i microfoni vengono inserite dagli agenti di
polizia dove necessario, nei telefoni o negli ambienti e una
volta incominciata la registrazione, all’altro capo del
registratore il personale addetto ascolta in sale attrezzate e
scrive un “brogliaccio” riassuntivo completo di data e nomi
degli interlocutori. Quando il P.M. trova un argomento di
interesse per le indagini, dispone di procedere a trascrizione
integrale e tale conversazione verrà inserita come fonte di
prova.
Fonte di prova possono essere anche registrazioni non
effettuate dalla Polizia Giudiziaria, ma da privati con
apparecchiature proprie.
Analizzeremo in seguito queste differenti modalità in cui si
presenta la traccia sonora, anche se, data la frequente
ricorrenza delle intercettazioni di Polizia giudiziaria
rispetto a quelle private, limitate dalla legge sulla Privacy,
ci occuperemo quasi esclusivamente delle prime.
Al termine delle indagini, quando inizia il processo, in sede
di udienza il P.M. produce come fonte di prova quello che è
stato registrato, trascritto e ritenuto di importanza. Il
giudice se lo ritiene nomina il perito che proceda a
trascrizione integrale di quanto riportato dal pubblico
ministero. La “accusa” e la “difesa” potranno a loro volta
nominare un loro “consulente”.
Il lavoro del perito differisce da quello del consulente anche
se come base comune hanno la stessa trascrizione: differisce
per la finalità che si propone. Infatti, l’unico fine del
perito è quello di accertare la verità, e a differenza dei
consulenti di parte, è tenuto a giurare in tal senso in sede
di affidamento di incarico.
Verità è un termine su cui potremmo parlare a lungo, ma per
non esulare dall’argomento principale passerei subito oltre.
Proprio perché persona al di sopra delle parti, il perito non
deve essere a conoscenza né delle indagini del P.M. né avere
svolto in precedenza atti per le indagini, né tanto meno
essere amico o parente o conoscente dell’imputato.
In sede di affidamento di incarico, ha facoltà di nominare dei
collaboratori che lo supportino nel lavoro. La legge italiana,
nello specifico, vieta al collaboratore l’ascolto delle
conversazioni. Cioè è il perito che deve dettare al
collaboratore quanto è emerso nelle registrazioni e il
collaboratore limitarsi a scrivere. Sempre in conferimento di
incarico il perito può essere autorizzato alle spese (noleggio
apparecchiature non in suo possesso, collaboratori, uso di
mezzo proprio o pubblico per gli spostamenti) e infine è
invitato a indicare una data per la consegna dell’elaborato,
argomento questo, sul quale ritornerò in seguito a proposito
dei tempi necessari per lo svolgimento di una perizia di
trascrizione. Viene anche autorizzato ad acquisire le bobine
di intercettazioni, che di solito si trovano in Procura, e
prende visione dell’elenco delle conversazioni da trascrivere
approvate dalle Parti.
Poiché l’attività di intercettazione è estesa a tutto l’arco
del giorno e della notte saranno state estrapolate solo quelle
conversazioni ritenute importanti per il formarsi della prova.
Nel corso di una giornata le telefonate o i dialoghi
intercorsi possono riguardare faccende assolutamente private
(un bambino da portare a scuola o che cosa fare di spesa o un
rapporto amoroso ecc.). perciò il P.M. effettua una scrematura
e consegna un elenco di conversazioni che interessano la
“accusa”. Gli avvocati difensori, ove lo ritengano, aggiungono
il loro. Il giudice approva, e incarica il perito di
“trascrivere quanto emergente dalle registrazioni”, che è il
quesito base. A questo se ne possono aggiungere altri:
“determinare i tempi e i luoghi” in cui è avvenuta una
conversazione; “individuare per via uditiva le voci
attribuendo il nome ai parlanti”.
Nell’impossibilità di rispondere a quest’ultimo quesito sulla
base del solo riconoscimento uditivo, si rende necessaria la
“perizia fonica strumentale” propriamente detta, affidata al
“perito fonico” in cui il riconoscimento vocale è effettuato
con l’aiuto di strumenti che analizzano le onde sonore emesse
dalla voce. La figura del “perito trascrittore” può non
coincidere con quella del “perito fonico”, nel senso che sono
due tipologie differenti di lavoro con diversi tipi di
intervento. Ci sono periti trascrittori che non sono periti
fonici e viceversa periti fonici che non si occupano del
lavoro di trascrizione, mentre a volte tutto questo è riunito
nella stessa persona perché in possesso di entrambi i
requisiti.
Quando si effettua una perizia di trascrizione l’interesse
principale è impostato sul contenuto delle conversazioni e
sull’attribuzione delle voci nei dialoghi, in quanto
generalmente i locutori sono già stati identificati con altri
mezzi di indagine. La perizia fonica strumentale è conferita
unicamente nei casi di contestazione da parte delle difese, o
per l’esigenza oggettiva motivata da indagini in cui non è
emersa l’identificazione del parlante.
Per svolgere il suo lavoro di trascrizione, il perito può
visionare il fascicolo del giudice, ma, al contrario dei
consulenti di parte, non può accedere agli atti del pubblico
ministero. Può chiedere invece l’autorizzazione di accedere ai
brogliacci di intercettazione per quello che riguarda le date
e le ore relative alle varie registrazioni.
Le intercettazioni, infatti, si svolgono in tempi lunghi.
Tempi lunghi intercorrono fra le indagini e il processo. Non è
fuori luogo, quindi, che il funzionario addetto alla
compilazione degli elenchi, possa essere indotto in errore;
anche un semplice errore di battitura impedisce il corretto
rinvenimento delle conversazioni.
Il brogliaccio in cui si
indica, per ogni numero di conversazione intercettata, la
corrispondente data completa di anno, mese, giorno, ora, è
estremamente importante se non indispensabile. Inoltre, dal
momento che nel brogliaccio è riportato in forma riassuntiva
quanto emerso nelle conversazioni, questo facilita, non tanto
la trascrizione in sé, ma dà prova di certezza della giusta
individuazione, soprattutto se il lavoro si presenta in una
lingua diversa da quella del perito e si rende necessaria la
collaborazione di interpreti.
Si sono verificati casi di opposizione all’acquisizione dei
brogliacci ma si sono verificati anche casi in cui un grande
lavoro è andato perduto proprio per l’errore
nell’individuazione delle conversazioni, con costi aggiuntivi
e tempi dilatati nella consegna degli elaborati e conseguenze
per il processo.
Vero è che nei brogliacci c’è scritto il nome delle persone
che parlano e che il perito ne potrebbe essere influenzato. Si
ovvia a questo limitandolo a visionarli soltanto per quello
che riguarda il rinvenimento degli orari in rapporto alle
conversazioni. Naturalmente non potrà essere presa visione
delle trascrizioni integrali negli atti del pubblico ministero
previo annullamento della perizia. Si obietta che leggendo le
conversazioni già trascritte integralmente, il perito possa
essere influenzato in quei tratti in cui la registrazione non
è perfettamente comprensibile e ricondurre suoni non
trascrivibili a frasi comprese e elaborate dalla P.G. perché
supportata da altri dati di indagine. Io credo che un perito
esperto e preparato nel suo lavoro sia in grado di riconoscere
i limiti in cui una trascrizione rischia di non essere fedele.
Ma i pareri sono discordi.
Una volta conclusa l’udienza di affidamento di incarico e
espletate le formalità il perito può iniziare il suo lavoro.
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